Dalla pittura antica recupera gesti pazienti e un’applicazione puntigliosa. Incisioni, intarsi, colori e tratti decisi. Un lavoro intenso che infonde nelle figure, mentre la lamina d’oro lo trascina un passo alla volta fuori dal tempo.
Il piccolo Madaudo disegnava arrampicandosi sul monumentale armadio di famiglia, ci trascorreva giornate intere. E a chi domandava «Ma Beppe?... dov’è Beppe?»… la mamma seria rispondeva «È andato sulla luna… tornerà…»
La luna sarà il luogo del mistero e dell’assenza di Beppe Madaudo in questi ultimi lunghi anni, un’assenza costellata da mostre e appuntamenti internazionali. In Germania (Amburgo); Svizzera (Will); Francia (Arles); Giappone (Takayama dove si dice abbia vissuto nel Palazzo della Venerabile Keysu Okada) e Stati Uniti (New York). Altrettanto numerose le tappe in Italia, ognuna accompagnata da storie e qualche leggenda: Conegliano Veneto; Prato; Milano; Roma; Lecce; Palermo; Piazza Armerina; Orvieto. Anche in queste occasioni Madaudo compare poco, sempre di sfuggita. Si dice che andasse e venisse dalla luna, dove si raduna e ritrova ciò che si perde. Fatto sta che ora è qui, in questa finestra della Galleria – né terra né luna – deciso a rimanervi con le sue opere e la loro forza magnetica.
Madaudo stende impasti desueti come gesso di Bologna e colla di coniglio. Dalla pittura antica recupera gesti pazienti e un’applicazione puntigliosa. Incisioni, intarsi, colori e tratti decisi. Un lavoro intenso che infonde nelle figure, mentre la lamina d’oro lo trascina un passo alla volta fuori dal tempo.
La luna scompare, completa la sua rivoluzione per poi riapparire. E del felice ritorno da questo vagare, come scrive Luigi Russo – il solo che in più occasioni ha visto Madaudo al lavoro – resta «l’incanto dei quadri, che stanno davanti a noi come linfe di vita, purissime testimonianze immaginative». Tutto in attesa della prossima rivoluzione.
Il piccolo Madaudo disegnava arrampicandosi sul monumentale armadio di famiglia, ci trascorreva giornate intere. E a chi domandava «Ma Beppe?... dov’è Beppe?»… la mamma seria rispondeva «È andato sulla luna… tornerà…»
La luna sarà il luogo del mistero e dell’assenza di Beppe Madaudo in questi ultimi lunghi anni, un’assenza costellata da mostre e appuntamenti internazionali. In Germania (Amburgo); Svizzera (Will); Francia (Arles); Giappone (Takayama dove si dice abbia vissuto nel Palazzo della Venerabile Keysu Okada) e Stati Uniti (New York). Altrettanto numerose le tappe in Italia, ognuna accompagnata da storie e qualche leggenda: Conegliano Veneto; Prato; Milano; Roma; Lecce; Palermo; Piazza Armerina; Orvieto. Anche in queste occasioni Madaudo compare poco, sempre di sfuggita. Si dice che andasse e venisse dalla luna, dove si raduna e ritrova ciò che si perde. Fatto sta che ora è qui, in questa finestra della Galleria – né terra né luna – deciso a rimanervi con le sue opere e la loro forza magnetica.
Madaudo stende impasti desueti come gesso di Bologna e colla di coniglio. Dalla pittura antica recupera gesti pazienti e un’applicazione puntigliosa. Incisioni, intarsi, colori e tratti decisi. Un lavoro intenso che infonde nelle figure, mentre la lamina d’oro lo trascina un passo alla volta fuori dal tempo.
La luna scompare, completa la sua rivoluzione per poi riapparire. E del felice ritorno da questo vagare, come scrive Luigi Russo – il solo che in più occasioni ha visto Madaudo al lavoro – resta «l’incanto dei quadri, che stanno davanti a noi come linfe di vita, purissime testimonianze immaginative». Tutto in attesa della prossima rivoluzione.